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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-09-25 ad oggi 2010-10-03 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

Periti e tecnici merce rara

PADOVA Periti e tecnici: la domanda c'è, ma l'offerta è poca e le iscrizioni a Nordest danno poca speranza alle aziende. Solo negli istituti tecnici padovani, quest'anno si sono immatricolati 3.332 nuovi alunni (-6,7%) e nelle scuole professionali 1.286 studenti (-8,5%). Un'emorragia a vantaggio dei licei, dove le iscrizioni alle prime classi segnano +7%. Un paradosso, stando ai calcoli di Confindustria Padova, giacché le imprese prevedevano di assumere quest'anno ben 3.200 tecnici e operai specializzati (fonte: Unioncamere-Excelsior), difficili da reperire rispettivamente nel 30,1% e nel 53,5% dei casi.

"Le aziende guardano da una parte, i giovani e le famiglie da un'altra", risponde il presidente degli industriali padovani, Francesco Peghin che guarda con preoccupazione all'indice di disoccupazione giovanile volato al 26,8%.

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

"Non è vero che non vogliamo i liceali – aggiunge –; il tema è un altro: oggi le imprese che si sforzano di essere competitive hanno bisogno di entrambi i profili: laureati e tecnici". Così Confindustria Padova ha addirittura anticipato la riforma Gelmini, entrando, in sei istituti, nel Comitato Tecnico Scientifico per programmare l'attività formativa. Ma anche Verona non sta a guardare. È partito quest'anno all'Itis G. Ferraris il primo corso in Perito chimico con specializzazione in tecnologie alimentari, un "profilo mancante" per molte delle 120 aziende della Sezione alimentare scaligera. Ai 24 iscritti, la rata d'iscrizione è stata interamente pagata da una ventina di aziende; a disposizione degli allievi anche stage convenzionati e la possibilità di usufruire dei laboratori aziendali.

"L'impresa è già presente nelle scuole – conferma Alessandro Vardanega, presidente Unindustria Treviso – con una serie di attività strutturate messe a punto già da anni. Sottolineiamo tuttavia ancora l'esistenza di un gap culturale e di informazione verso i profili tecnici. Tuttavia, se vogliamo dare centralità al manifatturiero avanzato, occorre operare e investire di conseguenza".

Scettica sulla formazione scolastica tout court, Michela Barona, amministratore unico di Le Fablier di Valeggio sul Mincio (Verona). "C'è uno stacco troppo forte tra quello che si impara a scuola e il mondo del lavoro, e in azienda oggi si chiedono competenze e abilità più complete di un sapere unilaterale. Fondamentale anche la formazione continua, ma spesso, finita la scuola ci si dimentica di perseguirla".

Molte le figure che Barona segnala di difficile reperimento, e non solo tecnico-manuali. E ora la sfida, in Veneto, sarà portare al taglio del nastro sei nuovi Istituti tecnici del made in Italy previsti dalla riforma: "Quello della meccatronica a Vicenza, della calzatura in Riviera del Brenta e il vitivinicolo di Conegliano sono già stati costituiti sotto forma di fondazione – spiega il dirigente della direzione Istruzione regionale, Marco Caccin – ma sono previsti anche un istituto per la logistica a Verona, uno con specializzazione edilizia a Padova e uno a Jesolo per il turismo".

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto,

pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio.

Per conoscer le mie idee Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF

Il mio commento sull'argomento di Oggi è :

…………………………………………………………..

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-09-25 ad oggi 2010-10-03

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2010-10-03

Lo stesso test non è uguale per tutti

Atenei, i risultati delle prove d'ingresso

Le stesse ottanta domande in tutta Italia, ma è nel segno della disparità il loro risultato. A medicina, per entrare a Padova servivano minimo il 60% delle risposte esatte, a Campobasso il 48%. Per non parlare della percentuale di iscritti che sono riusciti a passare di MANUEL MASSIMO

Lo stesso test non è uguale per tutti Atenei, i risultati delle prove d'ingresso

Un'unica batteria di ottanta domande uguali per tutta Italia somministrate contemporanemente negli atenei statali, stesso tempo a disposizione per rispondere, identici criteri di valutazione (risposta giusta 1 punto, sbagliata -0,25, non data 0), correzione automatizzata e in forma anonima degli elaborati. Dietro all'apparente "oggettività" dei test d'ingresso universitari per accedere alle facoltà a numero chiuso si cela una realtà ben diversa, all'insegna della più assoluta disparità di trattamento: l'assenza di una graduatoria nazionale degli ammessi genera evidenti storture, come dimostrano i numeri. Per riuscire a superare lo scoglio dei test giocano un ruolo fondamentale due parametri - in continuo divenire e diversi da un ateneo all'altro - che il meccanismo messo in atto dal Miur non prende in considerazione: l'affollamento e la "quota salvezza".

La pubblicazione dei risultati delle prove di Medicina e Chirurgia, facoltà-simbolo del numero chiuso e da sempre in cima ai desideri delle matricole, evidenzia - se mai ce ne fosse ancora bisogno - le molteplici pecche di un sistema di selezione in cui a passare non sono i più preparati. O meglio: non solo. Degli aspiranti 57.163 iscritti ai test ce l'hanno fatta in 8.179, pari al 14,3%: in pratica 1 su 7. Questo il risultato nazionale, ma le realtà locali sono ben diverse e in alcuni casi si discostano significativamente da questa media.

Posti fissi, candidati ad libitum. La prima, palese disparità riscontrata riguarda la distribuzione degli iscritti: i posti a disposizione in ciascun ateneo erano decisi a priori, indipendentemente dagli aspiranti iscritti alla prova di selezione. Per questo chi ha sostenuto il test d'ingresso a Foggia (904 candidati per 75 posti) aveva soltanto l'8,2% di possibilità di entrare, mentre chi ha scelto la Seconda Università di Napoli (330 posti a disposizione a fronte di 1500 aspiranti) aveva ben il 22% di probabilità di farcela, una percentuale doppia rispetto a quella degli altri atenei campani: infatti alla Federico II di Napoli (338 posti per 3.193 candidati) è passato soltanto il 10,6%, a Salerno l'11,2% (150 su 1.340). Poche chance anche a Chieti (9,7%), accessi significativamente sopra la media invece all'Insubria di Varese (18,6%), a Genova (18,5%) e a Palermo (17,6%).

"Quota salvezza", a ciascuno la sua. Qual è stato il punteggio minimo per entrare? In media, sommando l'ultima posizione utile nella graduatoria interna di ciascun ateneo, il risultato di quelli che ce l'hanno fatta per il rotto della cuffia è stato di 43,94. Però, in mancanza di un'unica graduatoria nazionale, questo numero non è rappresentativo di nulla: la "quota salvezza" da raggiungere varia da un'università all'altra, con notevoli differenze e significativi discostamenti dalla media. In tre atenei del Centro-Sud, complice il meccanismo "localistico" del Miur, sono riusciti a passare candidati con meno della metà di risposte esatte: strada quasi spianata a Campobasso (38,25 punti), Sassari (39,25) e Catanzaro (39,75). Particolarmente ostico, invece, l'ingresso in quattro università del Nord: alla Statale di Milano il punteggio minimo d'accesso è stato di 48,75, a Pavia e a Udine 48,50, a Padova 48,25. Un'evidente disparità di trattamento, in barba alla tanto sbandierata "oggettività": lo strumento dei test d'ingresso, così com'è strutturato, non è equo per la mancanza di una graduatoria unica nazionale e di un punteggio minimo d'accesso uguale per tutti. Dunque non opera realmente una selezione dei migliori.

Nozionismo in corsia. Scorrendo l'elenco delle domande sottoposte quest'anno ai candidati non si può non rilevare che ben 40 quesiti su 80 - pari al 50% - erano di cultura generale e ragionamento logico; per sondare, invece, le conoscenze specifiche in campo medico-scientifico, 18 di biologia, 11 di chimica e 11 di fisica. A fare la parte del leone nell'economia della prova, la tanto temuta e bistrattata grammatica italiana: tra questioni da "dirimere" e pratiche da "evadere", una serie di sinonimi-e-contrari e costruzione di frasi da completare scegliendo la parola esatta tra le cinque proposte. Ma è nella cultura "spicciola" che il test dà il meglio di sé: utilissime a selezionare i futuri camici bianchi le domande di letteratura sul Grande Fratello di Orwell e sulla Coscienza di Zeno di Italo Svevo. Se un candidato non è riuscito ad entrare per colpa di una di queste due domande sappia che si trova in una situazione kafkiana. Per la cronaca: significa "paradossale". Ed era una delle domande del test.

(02 ottobre 2010)

 

 

 

 

L'UNITA'

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2010-09-25

 

 

 

 

 

 

 

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2010-09-25

Periti e tecnici merce rara

Eleonora VallinCronologia articolo25 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2010 alle ore 08:06.

PADOVA

Periti e tecnici: la domanda c'è, ma l'offerta è poca e le iscrizioni a Nordest danno poca speranza alle aziende. Solo negli istituti tecnici padovani, quest'anno si sono immatricolati 3.332 nuovi alunni (-6,7%) e nelle scuole professionali 1.286 studenti (-8,5%). Un'emorragia a vantaggio dei licei, dove le iscrizioni alle prime classi segnano +7%. Un paradosso, stando ai calcoli di Confindustria Padova, giacché le imprese prevedevano di assumere quest'anno ben 3.200 tecnici e operai specializzati (fonte: Unioncamere-Excelsior), difficili da reperire rispettivamente nel 30,1% e nel 53,5% dei casi.

"Le aziende guardano da una parte, i giovani e le famiglie da un'altra", risponde il presidente degli industriali padovani, Francesco Peghin che guarda con preoccupazione all'indice di disoccupazione giovanile volato al 26,8%. "Non è vero che non vogliamo i liceali – aggiunge –; il tema è un altro: oggi le imprese che si sforzano di essere competitive hanno bisogno di entrambi i profili: laureati e tecnici". Così Confindustria Padova ha addirittura anticipato la riforma Gelmini, entrando, in sei istituti, nel Comitato Tecnico Scientifico per programmare l'attività formativa. Ma anche Verona non sta a guardare. È partito quest'anno all'Itis G. Ferraris il primo corso in Perito chimico con specializzazione in tecnologie alimentari, un "profilo mancante" per molte delle 120 aziende della Sezione alimentare scaligera. Ai 24 iscritti, la rata d'iscrizione è stata interamente pagata da una ventina di aziende; a disposizione degli allievi anche stage convenzionati e la possibilità di usufruire dei laboratori aziendali.

"L'impresa è già presente nelle scuole – conferma Alessandro Vardanega, presidente Unindustria Treviso – con una serie di attività strutturate messe a punto già da anni. Sottolineiamo tuttavia ancora l'esistenza di un gap culturale e di informazione verso i profili tecnici. Tuttavia, se vogliamo dare centralità al manifatturiero avanzato, occorre operare e investire di conseguenza".

Scettica sulla formazione scolastica tout court, Michela Barona, amministratore unico di Le Fablier di Valeggio sul Mincio (Verona). "C'è uno stacco troppo forte tra quello che si impara a scuola e il mondo del lavoro, e in azienda oggi si chiedono competenze e abilità più complete di un sapere unilaterale. Fondamentale anche la formazione continua, ma spesso, finita la scuola ci si dimentica di perseguirla".

Molte le figure che Barona segnala di difficile reperimento, e non solo tecnico-manuali. E ora la sfida, in Veneto, sarà portare al taglio del nastro sei nuovi Istituti tecnici del made in Italy previsti dalla riforma: "Quello della meccatronica a Vicenza, della calzatura in Riviera del Brenta e il vitivinicolo di Conegliano sono già stati costituiti sotto forma di fondazione – spiega il dirigente della direzione Istruzione regionale, Marco Caccin – ma sono previsti anche un istituto per la logistica a Verona, uno con specializzazione edilizia a Padova e uno a Jesolo per il turismo".

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